27 novembre 2010

Intervista a Daniela Giordano

RODOLFO AMODEO INTERVISTA DANIELA 

GIORDANO, EX “MISS ITALIA”, ATTRICE ED, OGGI, AUTOREVOLE UFOLOGA



E’ stata ospite del “Centro Ufologico Siciliano” alla “Cirasella” di S. Alfio (CT) per illustrare la sua ricerca sulle curiose presenze “aliene” anche nei dipinti a tema religioso dei secoli scorsi. Il servizio del settimanale “Il Gazzettino”
Defilarsi dal firmamento dello spettacolo per dedicarsi al firmamento “vero”: è la singolare scelta di vita fatta dalla palermitana Daniela Giordano, eletta “Miss Italia” nell’edizione del 1966, successivamente attrice di cinema e teatro (al fianco di “mostri sacri” come Nino Manfredi, Bud Spencer, Franchi ed Ingrassia, Lando Buzzanca, Aldo Giuffrè, Raf Vallone, ecc.) ed oggi ufologa di spessore internazionale, al punto da essere stata il primo studioso europeo della delicata materia a meritarsi, alcuni anni addietro, il prestigioso riconoscimento del “Fund for Ufo Research” americano. 

     La presenza della Giordano al recente convegno del “C.U.S.” (Centro Ufologico Siciliano) è l’ennesimo “colpaccio” messo a segno da Salvatore Giusa, presidente e fondatore del sodalizio di ricerca avente sede a Riposto (CT) e che, nell’ultimo biennio, ha ospitato personaggi di fama mondiale, quali il prof. Corrado Malanga ed il metronotte rapito dagli “Et” Fortunato Zanfretta.

     Stavolta è toccato a Daniela Giordano, la quale ha dissertato su una tematica a lei particolarmente cara: “Gli Ufo nell’arte”, ossia la curiosa presenza, in numerosi graffiti preistorici e dipinti risalenti a varie epoche ed a sfondo prevalentemente religioso, di particolari che evocano in maniera pressoché inequivocabile dischi volanti, fasci di luce laser, satelliti artificiali ed altri simboli della fenomenologia extraterrestre e dell’alta tecnologia contemporanea. Ne scaturisce un contrasto stridente, ma alquanto suggestivo, tra ambienti antichi ed elementi avveniristici, ma che evidentemente già nei millenni e nei secoli scorsi si conoscevano.

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Perché l’arte – ha sottolineato Daniela Giordano – non è altro che una comunicazione all’esterno di ciò che un autore già conosce e vede. Con questo non voglio affermare che gli ufo solcavano i nostri cieli anche nella preistoria o nel medioevo, ma dà certamente da pensare il constatare che in tante tele conservate presso chiese e musei di tutto il mondo appare la stessa rappresentazione iconografica che facciamo oggi di questi ancora misteriosi oggetti».

     L’interessante conferenza, introdotta dal giornalista e conduttore radiofonico
Stefano Famà, ha avuto luogo in una sala dell’accogliente azienda agrituristica “Cirasella” di S. Alfio (CT), incastonata in un lussureggiante polmone verde nelle adiacenze del leggendario “Castagno dei Cento Cavalli”.
     Prima che i lavori avessero inizio, ne abbiamo approfittato per intrattenerci personalmente con l’illustre relatrice.
- Signora Giordano, quando e come si è appassionata all’Ufologia?
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All’imbrunire di una sera che ero in auto con il mio fidanzato (oggi mio marito) e, nei dintorni di Roma, abbiamo visto una luce in cielo avvicinarsi a noi: si muoveva (a circa quindici metri d’altezza) in maniera “erratica”, ossia rotolante (come una lattina lanciata in strada e come nessun velivolo di creazione umana riesce a tutt’oggi a fare), per poi stazionare ad una cinquantina di metri da noi presentandosi esteriormente come quel che si definisce un “disco volante”. Ricordo di essermi sbracciata e sgolata e di aver strombazzato col clacson e lampeggiato con i fari dell’automobile per attirare l’attenzione di quel particolare velivolo luminoso, che però è immediatamente scappato via dileguandosi nel cielo, quasi… impaurito. Il mio compagno mi disse che in quel periodo tanti scrivevano e parlavano di “Ufo”, e da allora cominciai ad appassionarmi alla materia. Ma i fenomeni misteriosi e paranormali mi hanno sempre affascinato».
- Lei crede realmente agli extraterrestri?
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Ritengo che non possiamo essere solo noi terrestri i “beneficiari” della vita. Proprio di recente si è scoperto che anche in qualche altro pianeta sussistono le condizioni ambientali (presenza di idrogeno, di ossigeno, ecc.) in grado di garantire la vita come a noi umani. All’Ufologia, comunque, bisogna approcciarsi con seri intenti scientifici, senza cioè credere che ogni luce che si vede in cielo sia un… disco volante».
- Come, dunque, risultare credibili quando si parla di entità aliene provenienti da altri mondi?
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Può sembrare strano, ma la “regola” principale è conoscere l’Inglese. Dico questo perché la maggior parte degli studi e delle documentazioni ufficiali al riguardo sono in tale lingua. Altrimenti dobbiamo accontentarci di ciò di cui veniamo informati nei nostri Stati, magari da giornalisti poco esperti della materia e che, come tali, tendono ad eccessivamente semplificare o a fare facile sensazionalismo. Io personalmente, anche tramite Internet, attingo agli atti ufficiali degli studiosi e degli istituti di ricerca».
- Ma ci dà atto che le pubbliche istituzioni tendono a scoraggiare e ad occultare questo tipo di ricerca, magari “impaurite” dalla consapevolezza di dover avere a che fare con esseri dotati di un’intelligenza superiore a quella di noi umani?
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Certamente! Ma è significativo ed incoraggiante il fatto che in un recente vertice dell’Onu è stata avanzata la proposta di costituire un “team” internazionale di scienziati e studiosi della materia affinché questi ultimi possano mettere insieme e confrontare i dati rispettivamente raccolti a proposito di avvistamenti extraterrestri per poi formulare una sorta di “codice comportamentale” in caso di contatti con alieni. A questo punto ritengo che non sia più un “tabù” occuparsi e parlare di tali argomenti purché – ripeto – non venga dato nulla per scontato: tutto va fondato su rigorosissime basi scientifiche, mettendo da parte emozioni, sensazionalismi e facili entusiasmi. Stasera, ad esempio, io parlo del rapporto tra arte ed Ufologia, ma senza voler “indottrinare” nessuno: voglio solo evidenziare che quando ci si occupa di presunte entità ed oggetti alieni c’è anche quest’altro aspetto da prendere in considerazione; ognuno, poi, tragga le conseguenze che vuole…».
- Oggi, dunque, lei si dedica pressoché a tempo pieno all’Ufologia. Ma non accarezza mai l’idea di tornare al mondo dello spettacolo?
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Sì, ma senza “manie di protagonismo”: in un film accetterei solo una parte in cui credo e mi riconosco, anche se secondaria».
- Lei è stata attrice di cinema ed anche di teatro: quale preferisce di queste due forme recitative?
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Sicuramente il cinema, perché col teatro si va incontro allo stress ed alla ripetitività (cosa, quest’ultima, che assolutamente “odio”): ogni sera devi recitare sempre lo stesso copione ed, in più, affrontare la fatica delle tournèe, spostandoti quotidianamente da una città all’altra. Chi ha lavorato con me ricorda le mie “leggendarie” dormite ovunque, nei momenti di pausa, ci fosse un cantuccio dove rannicchiarsi (magari una grande cesta o un confessionale vuoto…). Amo molto la tranquillità e la libertà, ed è soprattutto per questo che ho voluto defilarmi dalle scene».
- Il popolarissimo concorso di “Miss Italia” che l’ha vista trionfatrice oltre quarant’anni fa era diverso da quello attuale?
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Diciamo che allora le concorrenti alla finale nazionale eravamo appena una ventina, mentre oggi, in virtù dei numerosi sponsor, sono un centinaio. Ed a quel tempo si puntava sulla spontaneità delle ragazze, mentre oggi l’aspirante miss deve sostenere prove, provini e test vari per dimostrare di essere una “donna di spettacolo”. Personalmente sono contraria alle selezioni “spietate”».
- C’è una tappa della sua carriera artistica cui è particolarmente legata?
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Senza con questo voler rinnegare nulla di ciò che ho fatto e che il grande pubblico conosce (ossia una produzione cinematografica oscillante tra i generi della commedia all’italiana, dell’horror e del western), avrei voluto essere apprezzata per il film “La strega e l’inquisitore”, diretto nel 1976 dallo spagnolo Paul Naschy, ma purtroppo mai arrivato in Italia perché ritenuto poco commerciale (si disse che oltre al mio, tra gli interpreti, ci volevano altri “nomi più popolari”); il fatto è che, probabilmente, in quel film non c’era abbastanza nudo…». 
RODOLFO AMODEO

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