Sono passati quindici anni e solo oggi, grazie alle ricerche condotte dal consulente tecnico ambientale Daniele Gullà, siamo in grado di riaprire il carteggio inerente il frammento di metallo siliceo che il dottor Michael Wolf ci fece pervenire attraverso Paola Harris e Adriano Forgione nel 1997, tre anni prima della sua morte.
Un frammento del dottor Wolf (Foto Pietro Ponzo), pressoché identico a quello testato da Daniele Gullà. |
Come potrete leggere nella seconda parte di questo articolo, i risultati dei test condotti da Gullà sono sorprendenti e denotano la natura straordinaria di uno dei frammenti, l’ultimo in mio possesso. L’oggetto in questione sembra conservare una vibrazione energetica attiva alla frequenza di 7,15 Hz, inusitata per il normale silicio puro.
Scrive Gullà: “Frequenze a circa 7 Hz possono entrare in risonanza con i ritmi cerebrali corrispondenti allo stato Theta alto, vicino alle onde Alpha”.
Tale scoperta avvalorerebbe l’ipotesi che si tratti di un frammento di materia derivata dalla struttura di un UFO, come sostenuto dal dottor Michael Wolf.
Ricostruiamone in breve la storia. Era l’Agosto 1997 quando i miei collaboratori Paola Harris e Adriano Forgione riportavano dagli USA dei frammenti di metallo siliceo che Wolf gli aveva consegnato al termine della loro permanenza di due giorni nella sua abitazione ad Hartford, Connecticut. Erano oggetti che venivano da un UFO crash. Ovvero, parti di uno scafo alieno precipitato, aveva detto Wolf a Paola e Adriano. In questo stralcio della sua prefazione all’edizione italiana del libro di Wolf “I Guardiani del Cielo” (Ed. Verdechiaro) Paola Harris ricorda le peculiari proprietà dell’oggetto: “Anche a me e al collega Adriano Forgione Wolf diede dei campioni dello stesso materiale, che fu sottoposto ad analisi in Italia dall’ingegner Luciano Pederzoli e dal chimico Corrado Malanga. Wolf ci aveva detto che il risultato sarebbe stato il 99 % di silicio e l’1 % di un elemento sconosciuto e questo è ciò che conclusero sia i laboratori dell’Università di Pisa sia quelli tedeschi. I campioni rivelarono strane proprietà fisiche: bloccavano il funzionamento dei telefoni cellulari, non venivano rilevati dai metal detector aeroportuali (Adriano Forgione passò indenne i controlli doganali USA con i frammenti in una tasca) ed emettevano una certa energia, avvertibile al tatto”.
Il dottor Michael Wolf e la giornalista italoamericana Paola Harris. Foto P. Harris |
Mi sono sempre sentito in obbligo di custodire l’oggetto fattomi giungere dallo scienziato americano come un qualcosa di estremamente prezioso. Va detto che i frammenti sottoposti ai test di laboratorio in Italia, vennero “distrutti”, mentre quello in mio possesso è rimasto sempre con me, a parte gli anni dal 2009 al 2011 che ho trascorso negli USA, in Arizona e durante i quali l’oggetto è stato conservato in un involucro di plastica trasparente, avvolto nella bambagia e riposto in un cassetto della mia scrivania. I risultati del test condotto da Daniele Gullà sono stati oggetto della sua presentazione nella conferenza “Un Mondo Nascosto” tenuta sabato 6 Giugno 2015 alla Libreria Esoterica Alef di Ravenna. Ora torniamo indietro di oltre 15 anni.
PARTE PRIMA – LE ANALISI IN ITALIA, GERMANIA E ISRAELE
Ai frammenti di Wolf dedicammo ampio spazio e una cover story della rivista UFO Network. Dagli articoli di allora (n. 3/4, Luglio/Agosto 1999 e n. 5, Settembre 1999), a cura della mia Redazione e a firma di Luciano Pederzoli e Corrado Malanga, estrapolo alcuni passaggi. Alla domanda “da dove provengono” i frammenti, Wolf ci ha risposto che gli erano stati dati da una fonte interna. Consegnava loro quindi tre frammenti (uno poi spedito a Bill Hamilton), da portare in Italia per le opportune analisi. Una volta in Italia, la Direzione Editoriale di questa rivista decideva di portare avanti un’analisi approfondita, prima di diramare qualsiasi notizia. Veniva pertanto consegnato il primo frammento, piuttosto consistente, al dottor Corrado Malanga, dipartimento di Chimica dell’Università di Pisa. Diverso il discorso per l’israeliano Barry Chamish, che dispone di un campione pressoché identico rinvenuto nella traccia al suolo dell’atterraggio di Kadima. Le analisi condotte sul campione di Kadima sembrano fornire i medesimi risultati. Wolf dichiarò che il 99.99% di quel materiale è Silicio puro, il restante 0.01% è un isotopo non terrestre. I risultati ottenuti da Chamish coincidono, sebbene con terminologie diverse da quelle di Wolf, ed egualmente simili i risultati delle analisi di Hesemann. (da UFO Network n.5, Settembre 1999)
Ecco quanto dichiarò in merito l’antropologo e ufologo tedesco Michael Hesemann, da me intervistato il 13 Aprile 1999: “Wolf mi ha consegnato un campione del metallo che – come da lui affermato – egli ottenne da una fonte interna alla base aerea di Wright-Patterson. L’abbiamo fatto esaminare qui in Germania al Federal Institute of Metallurgy, che ha concluso che l’esemplare è silicio di alta purezza – silicio puro al 99% ed elementi non identificabili all’1%. Non sono entrato in dettaglio su quest’ultimo. L’esemplare che mi ha dato è ad alta conduttività, che è inusuale per il silicio. Riesce a penetrare nel ghiaccio liquefacendolo. Gli esemplari trovati nel 1993 nei crop circles insraeliani di Kadima, dopo cinque casi di atterraggi UFO/incontri umanoidi, evidenziarono le stesse caratteristiche. Sono in possesso di un esemplare del silicio di Kadima. È la stessa sostanza del campione di Michael Wolf”. Al termine della sua perizia, il dottor Corrado Malanga, del Dipartimento di Chimica dell’Università di Pisa, diceva: “Va sottolineato che chi ha analizzato il reperto non conosceva l’origine di tale campione. Wolf ci dichiarava, poco prima di morire lo scorso 16 Settembre 2000 che il frammento di silicio proveniva da un UFO-crash avvenuto in USA nel 1974, che lo stesso Wolf avrebbe avuto fra le mani, durante uno dei suoi lavori per conto della NSA. Tale silicio sarebbe stato puro al 99.99% con una percentuale isotopica che si diversificava da quella terrestre per lo 0.01%. La percentuale risultava dunque estremamente simile a quella terrestre perché potesse essere evidenziata dalle moderne tecniche di spettrometria di massa a struttura fine. Dunque ci trovavamo con Wolf che dichiarava che un frammento di silicio apparteneva ad un UFO-crash e dall’altra parte, senza alcun apparente collegamento, avevamo un frammento di silicio, proveniente dalla stessa fonte rivelatrice, che aveva subito un rapido passaggio di stato fisico giungendo a temperature superiori a 3300 Kelvin”. (dalle analisi condotte dagli esperti Luciano Pederzoli e Roberto Segamiglia, NdR.) Il silicio è il materiale che compone i transistor ed i circuiti integrati, di cui Pederzoli si occupa professionalmente. Dalla misura della densità, prova di durezza, attacco chimico, in attesa della spettrografia a struttura fine, il reperto risultava un cattivo conduttore sia di calore che di elettricità, non possedeva un campo magnetico proprio, non era magnetizzabile, non era radioattivo e non era neppure fluorescente se illuminato nel visibile, nel vicino infrarosso o nel vicino ultravioletto. Inoltre, sottoposto a campi elettromagnetici di frequenza variabile tra 100 KHz e 1000 MHz, non presentava emissione secondaria e ciò rendeva praticamente impossibile che potesse trattarsi di un dispositivo attivo (transponder od altro). Sembrava frutto di una fusione, seguita da raffreddamento e quindi da rottura”.
Due frammenti del dottor Wolf. |
In sintesi, le ricerche condotte in Italia portarono l’ingegnere Luciano Pederzoli a concludere nel Maggio 1999 che il reperto presentava le seguenti caratteristiche:
– Piccole dimensioni: 29,7 mm x 19,7 mm x 7,8 mm, prodotto da fusione seguita da raffreddamento e quindi da rottura.
– Fragile e con superficie di rottura caratterizzata da cristalli di medie dimensioni.
– Diversi fori abbastanza profondi, ma non del tutto paralleli e con le pareti non lavorate, prodotti probabilmente da una bolle di gas formatasi durante la fusione del materiale.
– Cattivo conduttore sia di calore che di elettricità, non possiede campo magnetico proprio e non è magnetizzabile, né radioattivo, né fluorescente se illuminato nel visibile, nel vicino infrarosso o nel vicino ultravioletto.
– Sottoposto a campi elettromagnetici di frequenza variabile tra 100 KHz e 1000 MHz, non presenta emissione secondaria; ciò rende praticamente impossibile che possa essere un dispositivo attivo (transponder od altro).
– Sottoposto ad un forte campo elettromagnetico a 2,45 GHz (la stessa frequenza utilizzata dalla maggior parte dei forni a microonde) evidenzia un sensibile riscaldamento, apparentemente prodotto da perdite dielettriche e leggermente superiore a quello prevedibile per il silicio puro.
– Densità pari a circa 2,14 g/cm3, minore di quello del silicio (2,34 g/cm3), a causa delle porosità interne.
– L’attacco chimico con acidi non porta ad alcun risultato; soltanto l’idrossido di potassio (KOH) bollente, coerentemente con l’ipotesi che si tratti di silicio, attacca il materiale in modo consistente, mettendone in luce la struttura cristallina.
– Al microscopio metallografico appaiono diverse strutture globulari ed alcune lamellari, zone non attaccate e presenza di inclusioni (probabilmente cristalline) di vario tipo, che denotano un fenomeno tumultuoso in presenza di inquinanti, esterni od interni.
PARTE SECONDA
LE ANALISI CONDOTTE DA DANIELE GULLÀ NEL MARZO 2015
RILIEVI EFFETTUATI SUL PRESUNTO IMPIANTO IN SILICIO RELATIVO AL “CASO WOLF” CONSEGNATOMI DAL DR. MAURIZIO BAIATA ED ESAMINATO A ROMA
IL PDF DEL FILE (15 PAGINE) È CONSULTABILE QUI:
OSSERVAZIONI SUL TEST ESEGUITO SUL CAMPIONE WOLF
Dalle misurazioni effettuate possiamo dedurre alcuni aspetti interessanti. Nella emissione energetica vibrazionale dell’oggetto in puro silicio presunto impianto del “caso Wolf” del Dr. Maurizio Baiata, emerge una vibrazione di picco molto evidente e pulsante a circa 7,15 Hz che non compare essere presente in un normale campione di silicio puro di riferimento osservato in un laboratorio della Texas Instruments. Il silicio di laboratorio a confronto, presenta una minore variabilità in ampiezza del segnale, e vari picchi di cui il primario a 3,10 Hz. Probabile, ma è solo una ipotesi da verificare, che il frammento di silicio del “caso Wolf” sia stato attivato in qualche modo e conservi una vibrazione energetica ancora attiva a quella frequenza. L’oggetto del “caso wolf” presenta un carattere energetico-vibrazionale molto dinamico soprattutto in ampiezza, come se si attivasse periodicamente con quel picco di emissione più alto in tutto lo spettro di emissione, come fa un trasmettitore di frequenze EM. Frequenze a circa 7 Hz possono entrare in risonanza con i ritmi cerebrali corrispondenti allo stato Theta alto, vicino alle onde Alpha. La NASA ha effettuato studi molto approfonditi, come pure i militari, sulle frequenze elettromagnetiche a risonanza cerebrale e gli effetti dei campi EM in bassa frequenza sull’organismo umano, per esempio i 2 e 4 Hz sono utilizzati per i loro effetti a livello della circolazione nervosa. Ulteriori approfondimenti possono essere ricercati nel web.
Bologna – 16/10/2014 C.T.A. Daniele Gullà
Ringrazio l'amico Maurizio Baiata di avermi concesso l'autorizzazione di copiare questo interessante articolo.....
Salvatore Giusa